God is an Astronaut live 7/03/2012 @ Circolo degli Artisti, Roma

God is an Astronaut live 7/03/2012 @ Circolo degli Artisti, Roma

Nelle sue peregrinazioni siderali, il divino torna a far tappa a nella città eterna e a recarle dono artistico prezioso: gli irlandesi God is an Astronaut visitano per la terza volta il suolo capitolino, il cui pubblico si reca sempre più numeroso alle loro esibizioni. Freschi di remastering dell'intero catalogo, il trio Kinsella/Kinsella/Hanney si presenta in formazione estesa con Jamie Dean alle tastiere, con i quattro pronti a tenere la ribalta con il repertorio prodotto durante la loro decennale carriera.

Salta subito all'occhio l'assenza delle spettacolari luci che hanno accompagnato le performance precedenti, alle quali sono state preferite le sole proiezioni video; pur con tale mancanza l'ultima prova risulta la più convincente in assoluto tra quelle tenute finora: si sono avute chiare avvisaglie sin dall'apertura affidata a When Everything Dies, dal loro disco d'esordio così come la successiva Fragile, sempre stupenda nel suo sostegno vocale, tanto innaturale nel timbro quanto spontaneo nell'atto canoro stesso; dopo la quadrata From Dust to Beyond si passa alla title-track dell'ultimo album, eseguita in maniera dirompente al limite del post-hardcore/post-metal di scuola Russian Circles. Il pubblico riconosce presto l'intro di Echoes e si lascia travolgere dal brano, fino alla coda da brividi, sensazione questa tenuta viva dal manifesto Zodiac, di cui mai ci si stanca di riconoscere la bellezza e l'impatto.

Sulla cifra del gruppo si è disquisito fin troppo, c'è chi li ritiene brillanti così come esiste chi li reputa derivativi e mai distanti dal proprio modello iniziale: vero è che se un gruppo dalla produzione in studio assai pulita riesce a renderla intatta in sede live con parecchio valore aggiunto, si è al cospetto di uno show d'eccezione, che prosegue i riferimenti al disco eponimo del 2008 con il crescendo di Snowfall. Se vi è una tra le loro opere a poter giovare da tanto stato di grazia è Suicide by Star, chiusa da un doppio pedale serrato sulla cassa che ha recato gioia ai numerosi capelloni presenti in sala, almeno a giudicare dalla frenesia con cui agitavano il proprio crine; dopo la solare Forever Lost si chiude con Route 666 a render lieti grandi e piccini [su cui un fomentato Dean invita a battere le mani a tempo manco fosse sul palco di una sagra paesana, nota di colore].

Dopo la meritata pausa beveraggio pre-encore, i quatto tornano con altri due brani dal loro primo disco: All is Violent, all is Bright con il suo incedere prima regolare e poi violento, seguita dalla consueta chiusura affidata a Fire Flies And Empty Skies, sul cui tema iniziale parte l'ultimo delirio di una platea che per l'ennesima volta accoglie con massimo piacere la musica di questi ragazzotti che in dieci anni hanno saputo scrivere, senza troppa innovazione forse ma con massima umiltà e cuore, virtù queste spesso troppo rare nel panorama cui appartengono.

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