Televoto, signori.

L’estate si trascina a fatica verso la propria inesorabile fine, ed è già tempo di tornare allo studio, al lavoro, al proprio futuro. Ma è tempo anche di cose importanti sul serio, come la Champions League. Ecco, io bramo secondo consuetudine che l’orologio si porti a ridosso della mezzanotte per visionare in sintesi le prodezze dei miei campioni, quando tra me ed il mio amplesso sportivo si frappone quel rigurgito degno del peggior bagaglino che è X-Factor. Sì proprio X-Factor, il modo migliore per accorciare la vita dei pixel del vostro televisore 42 pollici per cui avete fatto straordinari da gennaio a luglio mentre vostra moglie si dimenava assieme a due senegalesi nell’idromassaggio.

Gli stessi che poi ve l’hanno portato a casa e cui avete lasciato la mancia con zelante superiorità coloniale, mi spiace informarvi.

La puntata di stasera annoverava una figa doc, due zoccole, tre ricchioni ed un fricchettone ridardato [scusate la tautologia]: se non è la prova che i loro autori leggono il mio blog questa, non so più come convincervi. Vi risparmio la predica sulla vacuità intrinseca del programma: è prima serata su un canale nazionale, ci mancherebbe proponessero qualcosa di particolarmente sofisticato o interessante; lungi da me pensare quella rappresentata sia la realtà: se è vero avevo un copione alla recita delle elementari, mi risulta difficile pensare che si possa sgarrare di una virgola in un contesto pecuniario come quello dello spettacolo televisivo.

Per inciso interpretavo uno struggente Baldassarre, con Marlon Brando sprecato nel ruolo di uno impalpabile asinello.

Secondo questi signori, l’arte è qualcosa che si compra col televoto, che si fa segregati in una casa con delle telecamere puntate contro. Più o meno come i video gonfi di MILF, ma senza digitare codici particolari sul proprio apparecchio. Portare denaro nelle casse della Rai è il loro lavoro e sembrano farlo anche discretamente bene, per cui le mie critiche si limitano al fatto che sono dei mentecatti patentati feccia di questa società postindustriale di disadattati, e che si sognano di aver recitato con Marlon Brando all'età di otto anni soprattutto. Ora a me vedere un po’ di ragazze scosciate che starnazzano in maniera discretamente intonata può andare anche bene, ma possibilmente senza il corredo di quegli spettacoli indegni che solo le lacrime dopo il teatrino dell’eliminazione: baby non sei in Vietnam, per quanto te lo meriteresti dopo aver storpiato Janis Joplin.

Cosa vuol dire "essere eliminati" poi? Che le molecole degli sfortunati partecipanti vengono scisse? Che le loro presunte capacità canore vengono inibite ulteriormente? So che sperate almeno una delle due cose, purtroppo non abbiamo elementi sufficienti per conoscere tale retroscena. Perché l'arte deve essere una gara? E soprattutto che stracazzo ne sa di musica il 97% delle persone presenti in quel fottuto studio? Non chiedetemi lumi circa il 3 percento di scarto, penso non salverei neanche tutta la giuria.

Già, la giuria: finché si parla di Anna Tatangelo, celebre più per ingoiare sperma camorrista che per doti canore, è anche lecito pensare che arrivare lì sia un gran traguardo; ma diosanto, Elio! Ok che nel giro di Sanremo ci ha sempre sguazzato, ma lui e le Storie Tese sono una pietra miliare della musica italiana e non, loro che hanno saputo raccogliere sentiti apprezzamenti sia da chi stravede per la tecnica compositiva ed esecutiva, sia da chi ascoltava il Pippero col finestrino abbassato, sia dai senegalesi che lavorano per Mediaworld. Loro che venivano tagliati dalla Rai quando ci riferivano cose interessanti su Ciarrapico al Primo Maggio di tanti anni fa, ora vedono il proprio leader tra le fila nemiche, conciato come Platinette.

Elio è una persona molto intelligente ed è lì a farsi quattro risate, nonché a vedere altrettante puttanelle che si struggono su uno Shure neanche fosse un fallo di plastica a bassa impedenza: non è una rivisitazione cyberpunk di un incubo di Muccino, è il frutto dei soldi che statisticamente qualcuno di voi versa all’erario per farsi sbeffeggiare artisticamente.

Parentesi: la figura retorica del frullato di tendenze, esistente o meno, ha rotto il cazzo, lo ammetto. Chi scrive satira contemporanea ne abusa, descrivendo una situazione poco auspicabile come giustapposizione di elementi provenienti da aree culturali a lui avverse, o che vuole semplicemente mettere in ridicolo. Dire che qualcosa è peggio di un romanzo di Cohelo legato in una kefiah, oppure inorridire al pensiero di Maria Teresa di Calcutta griffata Prada smascellare a bordo di una Mercedes. Pensate però a quanto sarebbe più scandaloso vederla smascellare viva. O con a fianco Cohelo addirittura.

Cohelo è la cosa più venduta in Autogrill dopo le spremute sapete? E solo perché non puoi metterlo nel menu.

Ma torniamo al mio programma preferito: aitanti concorrenti, introdotti da una musica solenne, si sfidano senza esclusione di colpi in prima serata, sebbene il copione sia spesso scritto. Specie al cospetto di talenti come Eto’o, Messi o Cristiano Ronaldo, la Tatangelo può solo mandar giù.