Finisterre 24/03/2012 live @ Jailbreak, Roma

Finisterre 24/03/2012 live @ Jailbreak, Roma

Parliamoci chiaro: se i Finisterre avessero iniziato la propria carriera negli anni '70, sarebbeero di continuo menzionati assieme ai vari Banco, PFM, Area, Le Orme, New Trolls, gruppi questi ultimi che grazie al loro talento sublime hanno saputo guadagnarsi l'immortalità artistica; durante tale decennio il gruppo genovese era pressoché infante, e al momento dell'esordio correva già l'anno 1993 ahimé, troppo tardi per comporre qualcosa che non fosse già sentito o comunque eccessivamente derivativo, secondo certa critica troppo zelante nei confronti dei venerandi della generazione precedente.

Tra me e i Finisterre invece è stato amore a prima vista [sebbene non ricambiato presumo], e nell'ascolto intenso e ripetuto di tutta la loro discografia durante gli anni non ho mai scorto un solo calo di ispirazione, o un momento in cui l'onanismo tecnico soverchiasse il dolce equilibrio della loro espressione. Quando ho saputo che sarebbero venuti a Roma ho trattenuto a stento l'emozione, perché capita davvero di rado di poter assistere ad un'esibizione dal cartello così importante, specie se il gruppo in questione si riunisce dopo anni di iato: certo del fatto che la risposta del pubblico sarebbe stata timida almeno per quantità, ho potuto gustare il concerto in massima tranquillità [nota egoista lo ammetto]. Richiama tutti all'attenzione Maurizio di Tollo con le sue bacchette, picchiando il ritmo che accoglie gli altri membri pronti all'apertura con Macinaaqua, Macinaluna: ecco Boris Valle che omaggia rapidissimamente Mozart al piano [rondò alla turca], ecco che a sorpresa gli fa eco Agostino Macor alle tastiere [toccata e fuga in re minore, Bach], ecco le liriche un po' surreali di Stefano Marelli cui risponde irriverente e divertito Fabio Zuffanti, ecco che sono a un metro da uno dei miei gruppi preferiti, in evidente stato di grazia per giunta.

Ancora dal capolavoro d'esordio pescano Asia, con i suoi ostinati frenetici e le sue distensioni profonde, e poi di colpo verso l'ultimo lavoro in studio, quella Meccanica Naturale così spiccatamente canora rispetto ai precedenti, con il trittico Lo Specchio / La Perfezione / La Fine: ho sempre pensato che il più grande merito di questo gruppo fosse quello di coniugare come pochi altri la difformità intrinseca del genere e dei singoli strumenti con l'omogenità effettiva propria dei loro brani; essi sono estesi ma non si dilungano, sono cesellati ma non stucchevoli, sono dolci ma non melensi, e riescono a conservare tali doti anche in uno dei loro lavori più compositi quale Syn, sulla cui genesi [dovuta a Valle] Valle scherza il buon Marelli prima di passare all'esecuzione - un quarto d'ora di maestria, di elementi lontani tessuti stretti dalla capacità e dall'affinità dei musicisti.

Di tali affinità si parla nell'introdurre Snaporaz, visto che la passione per Fellini e Mastroianni ["Marceeello!"] è indicata come una delle poche comuni a tutti, e ce la suonano con tanto di sample da "La Dolce Vita" come nel disco - non sarà l'ultimo tributo cinematografico, basta ricordare l'intero Rohmer del 2008, imperdibile sia che si ami la novelle vague sia che sia apprezzi la musica d'autore. Tempo di saluti, e penso che da un concerto simile non potrei chiedere di meglio, forse solo un encore per il mio brano preferito: manco a dirlo, rientrano con Phaedra e l'estasi è completa, dall'inconfondibile intro di Marelli, al semplice e struggente tema centrale di Valle [qui orfano del flauto per motivi d'organico purtroppo], alla coda sublime e sostenuta durante la quale vengono ripresentati ed applauditi i membri del gruppo, protagonisti di una performance davvero senza pari, il cui unico difetto è stato solo quello di terminare.

Saluto la band, compro loro Finisterre [1994] e scambio due parole con il cordiale Fabio Zuffanti all'uscita, invitandolo a tornare quanto prima nella capitale perché di serate belle come queste c'è davvero bisogno.